Inquinamento e trasporto marittimo

Circa 60.000 navi mercantili solcano i nostri oceani e la maggior parte di queste funzionano grazie a combustibili fossili, come il “heavy diesel” per esempio, e le loro emissioni hanno un importante impatto negativo sulla saluta umana e sull’ambiente, contribuendo al riscaldamento globale.

Si stima che nell’ultimo decennio più del 40% dell’inquinamento atmosferico derivi dal trasporto marittimo e che la contaminazione provenga per 18-30% da ossido di azoto (NOx) e per il 9% da ossidi di zolfo (SOx). Tutto ciò è dovuto al fatto che spesso il carburante utilizzato per le navi, in particolare per le petroliere e le portacontainer, contiene concentrazioni di zolfo molto elevate. Lo zolfo rilasciato dopo la combustione in atmosfera da origine al fenomeno delle piogge acide che causano forti danneggiamenti a colture e costruzioni. Chiaramente, gli ossidi di azoto e zolfo vanno a sommarsi a monossido di carbonio, anidride carbonica e idrocarburi normalmente generati dal processo di combustione ad alte temperature.

La navigazione, inoltre, rappresenta circa il 3% delle emissioni di gas serra, eguagliando grossomodo le emissioni annuali di Germania o Brasile e, in aggiunta, le sue emissioni non rientrano all’interno degli accordi di Parigi per il clima perché non possono essere attribuite a nessuna nazione nello specifico.

Il trasporto marittimo risulta essere più efficiente rispetto ai trasporti su gomma, rotaia e rispetto agli aerei e, da sola, è responsabile del trasporto di più dell’80% dei beni in commercio (per peso), con un valore di miliardi di dollari al giorno.

In aggiunta, la richiesta di spedizioni via mare sta aumentando rapidamente e potrebbe arrivare a produrre circa il 17% delle emissioni totali al 2050, se non saranno presi provvedimenti. Per questi motivi, quindi, è necessario regolamentare il trasporto marittimo in modo da poter raggiungere gli obiettivi degli accordi climatici.

Gli obiettivi del settore

Recentemente, l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) ha reso nota la sua intenzione di ridurre drasticamente le emissioni del settore. Non essendo ancora possibile per le navi sfruttare tecnologie a basse, o addirittura a zero emissioni e dovendo far fronte a delle scadenze piuttosto ravvicinate per la loro riduzione, le compagnie di trasporti hanno deciso di cambiare le modalità di trasporto realizzando quella che viene chiamata “slow-steaming”, ovvero la vaporizzazione lenta. Questa pratica consiste nel far funzionare le navi da carico transoceaniche, specialmente navi portacontainer, ad una velocità drasticamente inferiore rispetto alla loro velocità massima ed è forse la tecnica al momento più efficiente per ridurre il consumo di carburante e le emissioni nel breve periodo. Purtroppo, però lo slow-steaming comporta tempi di viaggio più lunghi e, conseguentemente, maggiori costi operativi, di assicurazione ed assunzione.

Alla luce di queste problematiche, risulta evidente quanto il settore necessiti di una rivoluzione dal punto di vista energetico. Un combustibile a basso contenuto di carbonio, come per esempio, il gas naturale liquefatto (LNG) oppure biocombustibili, batterie, energia eolica od un sistema ad idrogeno o nucleare a zero emissioni, potrebbero essere valide alternative.

Contrariamente ai carburanti che vengono solitamente utilizzati per le navi, il gas naturale liquefatto produce dal 15% al 29% in meno di CO2, meno ossidi di zolfo, azoto e particolato (PM), riducendo l’inquinamento atmosferico e i danni che questo ha sulla salute. Entro il 2030, il 10% delle navi utilizzerà il LNG ma questo tipo di scelta comporta altri tipi di problematiche: la sua estrazione, trasformazione ed il suo trasporto producono perdite ed emissioni di gas serra ed, inoltre, resta un combustibile contenente carbonio, rendendolo quindi una risorsa da considerare transitoria.

Le sfide per il futuro

Per quanto riguarda le energie rinnovabili, la Cina ha deciso di provare a sviluppare una rete di stazioni di ricarica elettrica “onshore” in modo tale da permettere alle navi nel porto di poter spegnere i loro motori e di usare energia locale per la refrigerazione, l’illuminazione e l’utilizzo di altre attrezzature. Questa potrebbe essere una soluzione che, se adeguatamente studiata e messa in atto, potrebbe effettivamente ridurre parte delle emissioni navali.

Attualmente è in fase di studio e sviluppo anche un sistema di navigazione azionato ad energia solare, con pannelli fotovoltaici distribuiti sulla superficie della nave e sui container trasportati.

Al settore marittimo si sta dunque ponendo davanti un ulteriore ostacolo ambientale, oltre a quelli che sta già cercando di affrontare, come il problema relativo al rumore delle navi o alla collisione delle imbarcazioni con le balene. Il 2050 è ancora lontano per ora ma per raggiungere gli obiettivi è necessario che ricercatori, industrie, possessori, costruttori di navi e governi facciano del proprio meglio per aiutare il passaggio del settore marittimo all’utilizzo di nuove tecnologie per migliorarne l’efficienza e l’impatto ambientale.

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